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Radicali: uomo di Putin a capo della più grande compagnia petrolifera mondiale, due ragazze russe in colonia penale… per la partitocrazia italiana non è successo nulla.

Lunedì scorso, il monopolista statale del greggio russo Rosneft ha rilevato dal colosso britannico British Petroleum il 50% delle azioni del terzo ente in Russia nel settore, TNK-BP.

Grazie a questa operazione la Rosneft è diventata la prima oil company mondiale. Amministratore delegato di Rosneft è Igor Sechin, esponente di punta del clan dei “siloviki”, la fazione più potente del Cremlino, composta prevalentemente da membri (o ex-membri) dell’Fsb, i servizi segreti russi.

Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani) e Igor Boni (presidente Associazione Radicale Adelaide Aglietta):

Il mondo sarà pure globalizzato ma non certo per la partitocrazia italiota. L’accordo Rosneft/BP è una notizia che dovrebbe provocare sia in Parlamento sia nei media un dibattito perlomeno equivalente a quello sulle primarie del PD o sulla uscita di scena di Berlusconi. Quali scenari si profilano per il mercato dell’energia mondiale? La sfera di influenza di Mosca si consolida su Londra, tanto da spingere il leader dei conservatori inglesi al Parlamento Europeo a dichiararsi favorevole al coinvolgimento inglese nel progetto Nordstream, con Russia e Germania. L’intesa anglo-russa (con gli inglesi in netta minoranza) avrà ripercussioni sul progetto Nabucco dell’Unione Europea? E sugli interessi dell’Eni in Russia?

Intanto, due donne russe di 22 e 24 anni, madri di due bambini, Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, meglio conosciute come “Pussy Riot”, si trovano in due colonie penali a centinaia di chilometri da Mosca, dopo essere state condannate a due anni per vandalismo motivato dall’odio religioso: la loro colpa è di essersi esibite per meno di un minuto in una “preghiera punk” anti Putin in una cattedrale ortodossa di Mosca. La Tolokonnikova scontera’ la sua condanna in cella con Yevghenia Khasis, condannata a 18 anni di carcere per complicita’ con il fidanzato nell’assassinio dell’avvocato per la difesa dei diritti umani Stanislav Markelov e della giovane giornalista di Novaya Gazeta Anastasia Barburov, avvenuto a Mosca nel 2009.

Dopo la grande mobilitazione di artisti internazionali durante il processo alle “Pussy Riot”, ora calerà il silenzio? E’ quello che Putin vuole: petrolio, censura e manganello.