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Sochi, Radicali: fermo Pussy Riot nella migliore tradizione fascista e comunista. Ecco il vero volto di Putin

Silvio Viale (presidente Comitato nazionale Radicali Italiani) e Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani):

Basta poco. E’ bastato che due donne russe inermi, Nadia Tolokonnikova e Maria Alekhina, con la sola colpa far parte della band musicale “Pussy Riot”, osassero passeggiare per le strade di Sochi, a 30 chilometri dai Giochi Olimpici, per far scattare il loro “fermo preventivo”, come nella migliore tradizione fascista e comunista, quando si mettevano cautelativamente in gattabuia oppositori e sovversivi prima della visita del gerarca di turno. E non importa se sono state già rilasciate; l’importante è il messaggio trasmesso a loro e a tutti i russi: “possiamo colpirvi quando vogliamo”.

Per qualche giorno zar Putin è riuscito a mascherare la natura autoritaria del suo regime dietro i suoi sorrisi, gli abbracci alle atlete GLBT, le foto di Luxuria con le famigliole russe. Ma davanti al terribile pericolo rappresentato per la sicurezza dello Stato russo dalla presenza a Sochi delle Pussy Riot, i servizi di sicurezza del Fsb (degni eredi del Kgb) sono entrati in azione, senza nemmeno la scusa utilizzata contro Luxuria, l’attuazione della legge antigay, comunque aberrante ma comunque legge.

Putin è sempre Putin e lo è sempre per tutti i cittadini russi, gay o non gay; le parole dell’ex premier Letta all’inaugurazione dei Giochi (“dopo questa cerimonia Mosca cambierà sui diritti”) si sono già rivelate una pia illusione.

18 febbraio 2014