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Telekom Serbia/l’esponente radicale Giulio Manfredi, accusato di diffamazione dall’avv. Giovanni Di Stefano , assolto perché il fatto non sussiste.

Giulio Manfredi

MANFREDI: DA SEMPRE I RADICALI SI DIFENDONO NEI PROCESSI, NON DAI PROCESSI.

Questa mattina, il Tribunale di Roma (Aula 8, giudizio monocratico, Dr.ssa Di Gioia) ha assolto “perchè il fatto non sussiste” Giulio Manfredi (vice-presidente Comitato nazionale Radicali Italiani, presidente Associazione Radicale Adelaide Aglietta), chiudendo il processo intentato per diffamazione dall’avvocato anglo-molisano Giovanni Di Stefano, amico e socio d’affari del criminale di guerra serbo tristemente noto come “comandante Arkan”.

La prima udienza del processo si era tenuta a Campobasso nel luglio 2005; questa era l’ottava udienza. Manfredi era assistito dall’avv. Giuseppe Rossodivita (Direzione Radicali Italiani e consigliere regionale in Lazio).

Sempre in mattinata Manfredi era stato sentito come testimone nell’ambito del processo contro “Antonio Volpe + 10”, relativo a supposte tangenti pagate nell’affaire Telekom Serbia; in tale sede l’esponente radicale ha ribadito che la denuncia radicale è stata sempre contro le responsabilità politiche (l’aver finanziato il regime di Milosevic con i soldi dei cittadini italiani, essendo nel giugno 1997 Telecom Italia ancora in mani pubbliche); nè Manfredi nè altri radicali hanno accertato responsabilità penali relative al versamento di tangenti.

Giulio Manfredi ha dichiarato:

Nelle due aule di giustizia dove sono stato questa mattina campeggiava una grande scritta: la legge è uguale per tutti. Non è vero. Il cittadino Giulio Manfredi – uno dei primi a denunciare, già 14 anni fa, l’affaire Telekom Serbia – si è difeso in un processo lungo cinque anni; a suo tempo ha chiesto e ottenuto di essere audito, con altri radicali, dalla Procura di Torino; oggi, su richiesta di parte, ha anche testimoniato, pur essendo consapevole di non aver elementi utili, perchè lo riteneva il suo dovere.
I radicali, da sempre, si difendono nei processi, magari utilizzandoli come strumenti politici ma sempre rispettando le forme e i contenuti del diritto. Altri cittadini, a partire da colui che dovrebbe essere modello di comportamento civile per tutti gli altri, il presidente del Consiglio, si difendono dai processi, sfuggono le aule di giustizia, pur avendo tutti i mezzi per difendersi meglio e di più rispetto a chiunque.
E’ uno degli elementi di un regime, preesistente a Silvio Berlusconi, sempre più pervasivo e, proprio per questo, vissuto da sempre più italiani come una seconda pelle, proprio come il regime fascista. Ma Mussolini è durato vent’anni, mentre la partitocrazia italiana dura almeno da quando sono nato e non se ne vede la fine.

Roma, 20 gennaio 2011