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Torino, Viale distribuisce lettera aperta a Balduzzi su Ru486 e obiezione di coscienza

Silvio Viale, presidente di Radicali Italiani e promotore della introduzione della RU486 in Italia, approfitterà di un convegno medico per consegnare una lettera aperta al ministro della sanità, Renato Balduzzi, sulla necessita di “tecnicizzare” le questioni legate all’uso della RU486. Silvio viale distribuirà la lettera “aperta” al conveno del PD “Libera professione dei medici opportunità o problema?” alle ore 17 presso la sala convegno della Galleria d’Arte Moderna di Torino.

Silvio Viale ritiene, che a due anni dall’introduzione, alla luce dei risultati positivi del monitoraggio del ministero, si debbano abbandonare le polemiche ideologche e affrontare “tecnicamente, cioè scientificamente, la questione del ricovero. Dopo avere ricordato che il Piemonte è all’avanguardia sulla RU486, con oltre 2800 somministrazioni solo al Sant’Anna di Torino, Silvio Viale propone al ministro di affrontare i disagi dell’obiezione di coscienza secondo la logica della “spending review” nel rispetto della legge 194 e delle esigenze delle donne.
Si riporta di seguito il testo della letera

Torino, 16 luglio 2012.

Lettera Aperta al Ministro della Sanità RENATO BALDUZZI

“Tecnicizzare la RU486. Applicare la 194.”

Egr. Sig. On.le ministro,

nel darle il benvenuto a Torino voglio rammentarle la vicenda del mifepristone – farmaco più noto con la sigla RU486 – perché credo che, a oltre due anni dalla sua introduzione, sia giunta l’ora di abbandonare le polemiche ideologiche e di affrontare tecnicamente, cioè scientificamente, la questione del ricovero.
Da quando il farmaco è disponibile, aprile 2010, è stato utilizzato in migliaia di donne senza significative complicazioni, come risulta dal monitoraggio che il ministero ha condotto e che spero sia reso pubblico al più presto, magari insieme alla relazione annuale sulla 194 che avrebbe dovuto essere pronta per marzo.
Proprio il Piemonte è un esempio virtuoso, al di là delle legittime polemiche, per l’uso della RU486.
Al solo all’Ospedale Sant’Anna di Torino sono 2800 le donne che ne hanno potuto beneficiare:
– nell’aborto medico fino a 49 giorni;
– nell’induzione del travaglio abortivo del secondo trimestre;
– nell’aborto chirurgico del secondo trimestre;
– nell’induzione del travaglio per morte fetale nel terzo trimestre;
– nell’aborto ritenuto del primo trimestre;
– nell’aborto chirurgico del primo trimestre in casi particolari

L’esperienza piemontese suggerisce di rivedere la circolare che prevede il ricovero, non solo perché il ricovero non c’è in nessun altro paese europeo, ma soprattutto perché difatto non è attuato nel 97% dei casi, con le dimissioni volontarie, dimostrando l’inutilità di tale disposizione, per di più anacronistica in tempi in cui si vogliono ridurre ricoveri e posti letto.
Per rispettare la legge 194 il day hospital è pienamente idoneo e mi aspetto che un buon ministro “tecnico” della sanità prenda atto che la RU486 rende più sicuri ed efficaci tutti gli interventi abortivi, medici e chirurgici che siano, e guardi all’Europa, senza imporre vincoli politici all’AIFA.
In Italia vi è stato un equivoco di fondo, prodotto dalle polemiche e dalla scarsa conoscenza clinica, che induce a ritenere che il farmaco clinicamente abortivo sia la RU486, mentre essa prepara solo il terreno per il vero intervento abortivo, che può essere farmacologico, con un altro farmaco, o chirurgico, con un intervento chirurgico. Imponendo il ricovero dopo l’assunzione della RU486 si chiede alla donna di rimanere in ospedale inutilmente per due giorni in attesa del vero intervento abortivo. Questo non ha giustificazioni mediche, non è logico e non è giusto.

Mi scuserà, infine, se approfitto di questa occasione per rappresentarle anche le problematiche dell’obiezione di coscienza. perché il combinato disposto con la possibilità di praticare gli aborti solo nel pubblico – unico caso in Europa e unico esempio di procedura sanitaria solo pubblica in Italia – limita la più idonea applicazione degli interventi abortivi previsti dalla 194.
Infatti, anche per i casi di aborto la “quantità è qualità” ed è in particolare garanzia di sicurezza, di continuità e di migliore assistenza, per cui prevedere che degli aborti se ne occupino gli ospedali più grandi, con una soglia di almeno 1000 all’anno, garantendo mediante la mobilità almeno il 50% di medici non obiettori, è coerente e in linea con gli obiettivi della “spending review”.
In questo modo si garantirebbe un’assistenza sette giorni su sette, una casistica più numerosa, un miglior training professionale, l’aggiornamento scientifico e una vera applicazione della legge 194.
Non dimentichiamo che la legge 194 non prevede le liste di attesa per le IVG, ma prescrive che gli interventi abortivi allo scadere dei sette giorni siano da considerare “urgenti”.
La legge 194 prevede anche di potere effettuare gli interventi abortivi nei consultori, cosa che con la RU486 è addirittura più possibile, soprattutto se relazionarsi con ospedali che hanno un numero adeguato di non obiettori e di letti dedicati.

Ringraziandola per cortese attenzione, in attesa di un gradito riscontro, le porgo i miei più rispettosi saluti.

 

Dott. Silvio Viale