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RADICALI: IL GIORNALISTA CINESE CHEN QIUSHI È STATO FATTO SPARIRE DA 6 MESI. LA MERITA UNA RIGA SUI NOSTRI GIORNALI?

Chen Qiushi ha 34 anni. È un giornalista e un avvocato per i diritti umani. Sei mesi fa, il 6 Febbraio 2020, è stato portato via dalla Polizia di Wuhan, per poi sparire nel nulla senza lasciare traccia. Chen Qiushi aveva seguito le proteste di Hong Kong con professionalità e attenzione, filmava, intervistava , fotografava le proteste tenendo conto di entrambe le parti, quella dei manifestanti e quella degli attivisti pro-Pechino. Ma a causa del suo lavoro di informazione venne riportato in Cina in manette. Poi esplose la pandemia di Covid19. Chen Qiushi era nuovamente in prima linea per fare formazione, anche esponendosi a rischi sanitari notevoli e cosciente del fatto che avrebbero potuto arrestarlo. Entrò negli ospedali per filmare e fotografare le condizioni in cui venivano tenuti i pazienti, si occupò di scrivere e documentare gli errori e le carenze della gestione cinese dell’emergenza, anche attraverso critiche non leggere. Tutto in nome di una trasparenza dell’informazione che servì anche a noi occidentali per sapere come stessero davvero le cose. Chen Qiushi sparì. Non si ha nessuna notizia di lui da allora.
Patrizia De Grazia e Daniele Degiorgis, coordinatori dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta di Torino, hanno dichiarato: “Seguiamo la vicenda di Chen Qiushi da prima che sei mesi fa fosse stato fatto sparire nel nulla. Di lui non si sa più nulla. Non sappiamo dove si trovi, quali siano le sue condizioni di salute. Non sappiamo neppure se sia ancora vivo. Tra tre giorni saranno passati 6 mesi anche dalla scomparsa di un altro giornalista cinese: Fang Bin. Ma i giornalisti scomparsi oppure sbattuti in carcere in Cina, solo per aver fatto il proprio lavoro di informazione, sono centinaia. Non smetteremo di batterci affinché a Chen Qiushi sia restituita la libertà, o quantomeno una qualche parvenza di giustizia. Perché il silenzio è un insulto. Il silenzio significherebbe calpestare la vita di una persona che ha fatto della libertà di stampa e di parola l’obiettivo per cui valeva la pena persino perdere la propria libertà personale”.